Eclisse del Dio Unico by Ferruccio Parazzoli

Eclisse del Dio Unico by Ferruccio Parazzoli

autore:Ferruccio Parazzoli [Parazzoli, Ferruccio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Il Saggiatore
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Gli sciamani non volano più

All’apparenza è un piccolo grumo di terra secca, creta, dal colore di fango tostato, adagiato sull’enorme cuscino color turchese illuminato dai faretti posizionati nell’unica sala in cui sono esposti i reperti di scrittura cuneiforme di un’età che dà le vertigini. È la lettera, rimasta ancora sigillata nel suo involucro terragno, indirizzata agli inizi del secondo millennio a.C. a un Dio a noi ignoto da un mittente altrettanto a noi ignoto, perduto nella voragine del tempo. Soltanto la lente d’ingrandimento, posta tra l’occhio del visitatore e il minuscolo involucro di creta, permette di individuare i pochi segni incisi, in alto a destra, sulla superficie sgretolata, segnata dal tempo. Una scritta informa che quei segni sono stati decodificati in una piccola frase, una dedica: «Al suo Dio».

«Suo» di chi? Di colui o colei che, anonimamente, pressato dall’esistenza, dalla necessità o dall’amore, chiamò lo scriba e gli disse: «Ora scrivi così». E lo scriba scrisse, usò la preziosa conoscenza del linguaggio come tramite tra il committente e il Polo potente di riferimento, incidendo nella tavoletta tenera le parole che chi gli dettava volle che giungessero al proprio dio, un dio talmente personale del quale lo scriba, onestamente quanto professionalmente, non si sentì di appropriarsi, ma lo lasciò così, dietro l’indicazione di un aggettivo possessivo, «suo», non «mio», non «nostro», a indicare un rapporto talmente intimo e personale del committente con la divinità da restare misterioso e non partecipabile.

La tavoletta, ancora sigillata nella propria busta e quindi dal contenuto rimasto ignoto, fa parte della collezione Michail. Sono 114 tavolette e coni di argilla o terracotta con iscrizioni a caratteri cuneiformi provenienti dall’antica Mesopotamia, testimonianze di vita politica, sociale, economica, letteraria, delle popolazioni che vissero nel territorio dell’odierno Iraq, identificabili con i sumeri, i babilonesi, gli assiri, dal 2600 a.C. fino al periodo persiano, 400 a.C. Un mondo precipitato nell’imbuto del tempo, quel tempo che ci affanniamo a segmentare per sfuggire alla vertigine e che pure, se visto da vicino, magari con l’ausilio di una lente, ci invia messaggi, sussurri e grida di un’umanità non dissimile dalla nostra ma che ha bisogno di Qualcuno, feticcio o dio, che sia al di là della nostra fragilità e finitezza o al quale possa attribuire una potenza che io non posseggo.

A quasi quattromila anni di distanza un settimanale cattolico ha provato a lanciare un appello ad alcuni attuali e volonterosi sacerdos del linguaggio perché tentino di ricomporre il tramite con il Dio monoteista.

Ridato al linguaggio, sia pure occasionalmente e artificialmente, il Polo di riferimento del Dio Unico – ignorando, o fingendo di ignorare, il discioglimento di Antartide o cercando comunque di esplorarne il disfacimento – gli improvvisati sacerdos – un filosofo, due poeti, tre narratori –, rivestiti per l’occasione i paramenti del rito, riprovano a farsi tramite con il Dio Personaggio. Ma le fragili navi di Argo trovano il livello delle acque inaspettatamente innalzato, il periplo delle coste irriconoscibile e un silenzio siderale. Gli esploratori mandati in avanscoperta fanno ritorno a mani vuote. Il



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